LA NUCA DEL RAGAZZO SAGGIO

Molti secoli fa una ragazza figlia di coloni perse tutta la famiglia durante una guerra.
I suoi parenti, che coltivavano il mais, non erano andati a combattere, ma un’epidemia aveva imperversato dopo i combattimenti, così tutta la famiglia si ammalò e morì.
Mentre cercava grano per i suoi uomini un guerriero incontrò la giovane orfana che si aggirava da sola per la casa vuota. Aveva il seno ormai maturo ed era molto bella. Il guerriero allora catturò un cervo per lei.
L’uomo era forte e affascinante. Sicché, dopo la cena, dormirono insieme.

Il guerriero e la ragazza ebbero due figlie femmine e un maschio, di nome Shaghar, prima che scoppiasse un’altra guerra.
Quando Shaghar era molto piccolo e la ragazza nuovamente incinta, il guerriero cadde ucciso in battaglia. Lei allora maledisse tutte le guerre, poi venne il suo tempo e partorì: siccome era un altro maschio, decise di chiamarlo Colui-che-vede-tanto.

Fin da piccoli i due fratelli andavano a caccia, per catturare uccelli e impinguare il misero desco della casa. Shaghar catturava molti uccelli, spesso anche belli grassi, mentre Colui-che-vede-tanto con la sua cerbottana falliva sempre il bersaglio.
Shaghar infatti era sempre accompagnato da un’Aquila, che era il suo Spirito Guardiano e gli stava appollaiata sulla spalla – quando il bambino puntava fisso lo sguardo su un uccello, l’Aquila si lanciava e lo catturava coi suoi artigli aguzzi.
Anche Colui-che-vede-tanto aveva uno Spirito Guardiano, ma stava sempre dietro la sua nuca e non riusciva a vederlo. Lo Spirito però gli parlava e insegnava tante cose.

I due fratelli, siccome non avevano un padre, appena furono in grado di sostenere il peso di una lancia, presero ad allenarsi per cacciare prede più grosse degli uccelli. A tavola infatti c’era sempre poca carne e tanta yuca e mais che coltivavano nella loro piccola finca1.
Un giorno, mentre erano fuori a caccia, Colui-che-vede-tanto si trovò di fronte uno splendido Cervo, con il palco di corna che svettava immenso sulla testa altera!
Siccome il ragazzo era nascosto da un cespuglio e l’animale non l’aveva visto, puntò con calma la lancia. Lo Spirito Guardiano dietro la sua nuca gli sussurrò: “Sei sicuro di volerlo fare? Lo vedi com’è bello e maestoso? Davvero lo vuoi uccidere?”
Colui-che-vede-tanto non tirò e il Cervo fuggì via.
Il fratello poco dopo lo rimproverò: “Perché non hai tirato a quel bellissimo cervo?”
Ma Colui-che-vede-tanto pensò che il fratello non avrebbe potuto capire e raccontò una scusa. A tavola mangiarono solo un paio di uccelli magrolini, da spartire con la madre e le sorelle.
Un’altra volta, erano di nuovo a caccia e di nuovo Colui-che-vede-tanto si trovò di fronte un grande animale: stavolta si trattava di un grasso paki2Era sul punto di scagliare la lancia, quando di nuovo lo Spirito Guardiano dietro la sua nuca sussurrò: “Sei sicuro di volerlo fare? Perché lo vuoi uccidere?”.
“Questo non è bello e maestoso, è brutto e rozzo!” obiettò il ragazzo.
Quisás!” replicò lo Spirito. “Non sei anche tu brutto e rozzo quando spingi curvo sull’aratro? Tu e lui siete una cosa sola”.
Di nuovo Colui-che-vede-tanto non tirò e raccontò un’altra scusa al fratello maggiore.
Shaghar allora disse tra sé: “Mio fratello ha le braccia deboli. Bisognerà che lo protegga sempre”.
Colui-che-vede-tanto diceva intanto al suo cuore: “Mio fratello ha gli occhi chiusi. Ora lui mi insegna a tirare la lancia, ma un giorno io gli insegnerò a vedere.”

Pochi mesi dopo Shaghar raggiunse l’età in cui doveva lasciare la casa materna ed essere addestrato per diventare un guerriero. Il popolo infatti era in guerra contro nemici feroci e i maschi, fin da molto presto, dovevano prepararsi a combattere.
Era passato poco più di un anno quando Ursag, il condottiero del popolo, tornò alla finca dei due fratelli per prelevare anche Colui-che-vede-tanto.
La madre però lo implorò di non portarglielo via! “È l’unico maschio che mi rimane!” pianse. “Se me lo strappate, chi seminerà il mais? Io e le sue sorelle siamo troppo deboli e non abbiamo aiuti!”
Ursag si impietosì e lasciò il ragazzo con la madre.

Qualche anno dopo, infuriava la guerra e Ursag reclutò tutti i maschi validi. Tornò allora alla finca dei due fratelli e questa volta non sentì ragioni! Colui-che-vede-tanto dovette andare al campo di addestramento.
Siccome non era abbastanza forte né rapido per il combattimento corpo-a-corpo, ma era molto riflessivo, fu allenato a tirare con l’arco. Si dimostrò un tiratore infallibile e durante le prove non mancava mai un bersaglio.
Quando poco tempo dopo fu mandato in battaglia, il fratello Shaghar gli disse: “Stai sempre vicino a me, ti proteggerò!”
Durante gli scontri accadde però i fratelli rimasero divisi. Colui-che-vede-tanto si trovò di fronte al condottiero nemico, di nome Hakush, enorme e feroce, il quale – mentre massacrava una dozzina di guerrieri – era rimasto isolato dai propri uomini.
Colui-che-vede-tanto stava a venti passi da Hakush e gli puntava contro l’arco. L’altro invece aveva solo un machete e un’ascia da guerra, ma non poteva scagliarle così lontano. Né aveva alcun riparo vicino, si trovava in campo aperto.
Colui-che-vede-tanto con calma incoccò la freccia e prese bene la mira.
“Non sbagliare, ragazzo!” gli gridò Hakush. “Uccidimi al primo colpo, altrimenti ti colpirò io e io non sbaglierò!”.
Lo Spirito Guardiano dietro la nuca sussurrò a Colui-che-vede-tanto: “Sei sicuro di volerlo fare? Non sei qui di tua volontà, ti hanno costretto!”
“Lui è nemico del mio popolo,” ribatté il ragazzo.
“Il mais si semina e cresce sia che comandino gli uni sia che comandino gli altri! E gli uni come gli altri hanno bisogno di grano. Il feroce Hakush pensa le stesse cose che pensi tu, anche lui coltiva del mais uguale al tuo e ai suoi occhi tu sei un nemico, ma è solo perché ancora non vede: tu e lui siete una cosa sola!”
Colui-che-vede-tanto allora abbassò l’arco e Hakush fuggì.
Shaghar aveva assistito impotente alla scena da lontano e rimproverò con asprezza il fratello: “Grazie alla tua indecisione abbiamo perso la battaglia! Se Ursag lo sapesse, ti farebbe uccidere per tradimento!”. Shaghar tuttavia non disse niente a nessuno.
Colui-che-vede-tanto avrebbe voluto vedere lo Spirito che lo consigliava, ma che si celava sempre dietro la sua nuca. Lo Spirito però gli diceva: “Non ti serve vedermi! Io e te siamo una cosa sola.”

Dopo quella battaglia ci furono alcune settimane di tregua, così i due fratelli poterono tornare a casa dalla madre e dalle sorelle.
Shaghar era un grande guerriero e aveva ucciso molti nemici in combattimenti corpo-a-corpo: bastava infatti che egli fissasse con lo sguardo un nemico e l’Aquila che stava sempre sulla sua spalla si scagliava contro di lui e lo tratteneva coi propri artigli, permettendo a Shaghar di sopraffarlo e ucciderlo. Fu perciò acclamato dalla gente come un eroe.
Il suo cuore allora prese coraggio e chiese in sposa Shiiram, la bellissima figlia dei vicini, che amava fin da bambino.
L’Aquila infatti gli disse: “Chiedila in moglie, sei un grande guerriero e un grande cacciatore, la sua famiglia non te la rifiuterà!”.
Così fu. Per le nozze fu fatta una grande festa, mangiando un enorme paki, che Shaghar catturò personalmente, e bevendo chicha3 di granturco.
Durante la notte però un soldato arrivò di corsa alla casa dei fratelli, quando tutti si erano appena addormentati dopo i festeggiamenti, e disse che le truppe nemiche si stavano radunando, Shaghar e Colui-che-vede-tanto dovevano subito tornare al campo!
Mentre partivano, Shaghar di nuovo disse al fratello: “Rimani sempre vicino a me, ti proteggerò!”

La battaglia volse al peggio. I nemici avevano sterminato la maggior parte delle truppe di Ursag, mettendo in fuga i superstiti.
Shaghar si rifugiò insieme col fratello al riparo delle fronde di un grosso wampu che era stato schiantato da un fulmine.
Hakush insieme con un suo luogotenente batteva quell’area in cerca di nemici ancora in vita e presto li avrebbero trovati.
Shaghar disse al fratello: “Rimani qui e coprimi le spalle col tuo arco!” Si allontanò dal riparo e cercò di aggredire il luogotenente nemico alle spalle. Questi però avvertì qualcosa e si voltò brandendo il machete, ma l’Aquila con un rapidissimo battito d’ala gli saltò agli occhi accecandolo. In un attimo Shaghar fu addosso all’uomo e lo uccise.
Hakush che era a qualche decina di passi, corse urlando verso Shaghar, senza sapere di essere sotto tiro dell’arco di Colui-che-vede-tanto. Il grido di guerra di Hakush gelava il sangue e Colui-che-vede-tanto esitò un attimo a scoccare la freccia… Cosa sarebbe accaduto se lo avesse mancato?
Lo Spirito dietro la sua nuca sussurrò: “A cosa serve ucciderlo? Ormai il tuo popolo è sconfitto. Cessa la violenza e potrete finalmente vivere in pace. Tu e lui siete una cosa sola.”
Colui-che-vede-tanto tirò la freccia davanti a Hakush in modo che cadesse a pochi passi da lui. E voleva urlare: “Basta guerre! Viviamo in pace!” Ma la voce non gli uscì.
Sia Hakush sia Shaghar esitarono qualche attimo, ma Hakush esitò un attimo in meno, perché si rese conto che il giovane arciere non avrebbe ormai avuto il tempo di incoccare un’altra freccia. Così subito ammazzò Shaghar con un unico colpo di ascia.
Quando vide il sangue sgorgare dal collo mozzato del fratello, Colui-che-vede-tanto scoppiò in singhiozzi. “Soffro come se fossi morto io, fratello mio, tu ed io siamo una cosa sola!”
Hakush si avvicinò al wampu abbattuto, guardò il ragazzo e lo riconobbe.
“Mi hai risparmiato la vita due volte – disse – e io risparmio la tua. Torna a casa.”
Colui-che-vede-tanto tornò di corsa verso la finca della sua famiglia. Ma era già in vista del suo campo di granturco, allorché si trovò di fronte un paio di nemici che stavano battendo zona, i quali lo aggredirono e lo uccisero.

Quando Colui-che-vede-tanto riaprì i suoi occhi, stava cammiando sul ponte di ossa che separa il nostro Mondo dalla Terra dei Morti.
Il ponte era gettato su un altissimo orrido di cui non si vedeva il fondo e dal quale provenivano ringhi orribili che avrebbero gelato il sangue… se il ragazzo ancora avesse avuto del sangue nelle vene!
A metà del ponte, gli venne incontro un giovane con un’Aquila appollaiata sulla spalla. Il suo viso era cambiato e non subito Colui-che-vede-tanto lo riconobbe, ma riconobbe i suoi gesti e la sua voce, oltre naturalmente all’Aquila, suo Spirito Guardiano!
“Cosa hai combinato, fratello mio! Ci hai fatto perdere la guerra e il nostro popolo sarà schiavo dei nemici!” disse lo Spirito di Shaghar. Poi sospirò e sorrise: “Ma qui, tra i Morti, non ha più importanza: vieni, fratello, seguimi e saremo sempre uniti! Affréttati però, prima che anche il resto del mio corpo cambi e tu non possa più riconoscermi”.
“Ora lo vedi, fratello?” replicò commosso Colui-che-vede-tanto. “Io e te siamo una cosa cosa. Con tutti gli esseri che sono vissuti, siamo tutti una cosa sola!”
E dicendo queste parole si avvicinò al fratello e i loro corpi erano come fatti d’acqua e potevano, mentre si accostavano, mescolarsi insieme. Anche la spalla di Colui-che-vede-tanto si fuse a qualla del fratello e così l’Aquila era appollaiata su entrambi…
Lo Spirito dietro la nuca sussurrò in quel momento: “Prendila!”
Colui-che-vede-tanto afferrò con le sue mani le zampe dell’Aquila, si girò di scatto per tornare indietro e subito il ponte cominciò a crollare, le ossa che lo formavano si sganciarono le une dalle altre e precipitarono nell’orrido. Shaghar, sbigottito, dovette tornare di corsa verso l’altra parte, quella della Terra dei Morti, per non cadere nell’abisso.
Colui-che-vede-tanto sarebbe certo stato inghiottito… ma l’Aquila che teneva per le zampe spiegò le ali salvandolo e riportandolo nel Mondo dei Vivi!

La madre, le sorelle e Shiiram – la giovane vedova del fratello – stavano piangendo in lutto per la morte di entrambi i ragazzi, e immensa fu la loro gioia quando videro Colui-che-vede-tanto tornare vivo e vegeto a casa!
Fu fatta una grande festa e appena il cuore del ragazzo tornato dai Morti fu sazio di cibo e di chicha di granturco, volle annunciare che avrebbe preso in moglie la vedova del fratello e avrebbe dato così dei figli al povero Shaghar, morto troppo presto, alla sua giovane sposa e a entrambe le famiglie!
Quando udì queste parole, gli occhi bellissimi di Shiiram si illuminarono!
“È tutta la vita che ti aspetto!” gli sussurrò all’orecchio. Lei infatti aveva sempre amato Colui-che-vede-tanto, che però veniva considerato da tutti un buono a nulla, mentre il fratello era un eroe di guerra, così aveva dovuto sposare Shaghar.
Quella sera Colui-che-vede-tanto disse e a Shiiram: “Fai un fagotto delle tue cose! Andiamo in cerca di un’altra terra, dove possiamo vivere in pace e senza guerre.”
Ma la ragazza gli disse: “Non strapparmi a mia madre, lei ne morirebbe! I miei tre fratelli sono tutti morti in battaglia e le mie sorelle da tempo sono andate lontano coi loro mariti! Le resto solo io! Qui la terra è fertile, vivremo in pace, che importa a noi chi ha vinto? Anche i nuovi signori ci lasceranno coltivare il granturco!”
“Ma ora ho l’Aquila con me!” ribatté Colui-che-vede-tanto. “Non devo più piegarmi per coltivare il granturco! Non voglio essere un guerriero, ma neppure rompermi la schiena qui: la terra è bassa.”
La ragazza allora disse: “Aspetta solo finché mia madre raggiungerà i suoi antenati, ormai è molto anziana, non le resta più tanto. Dopo potremo partire.”
Colui-che-vede-tanto acconsentì.
Poi divisero insieme un frutto dell’albero di chonta, esprimendo entrambi un desiderio nel loro cuore. Il ragazzo disse tra sé: “Come vorrei vedere lo Spirito che sta dietro la mia nuca e che tanto mi ha ben consigliato e mostrato la verità di ogni cosa!”

La prima notte che il giovane e la sua sposa dormirono insieme, lei gli chiese che mandasse via l’Aquila fino al mattino perché non voleva sentirsi osservata dai suoi occhi penetranti mentre facevano l’amore.
Colui-che-vede-tanto così fece e disse all’Aquila di tornare all’alba.
Spense poi il lume e mentre, gonfio di passione, prendeva la sua bellissima sposa, si accorse a un tratto che lo Spirito Guardiano non era più dietro la nuca!
“Dove sei?” disse stranito.
“Sono davanti a te,” rispose lo Spirito Guardiano.
Il giovane fu colto da un’oscura apprensione. Allungò la mano verso le braci ormai quasi spente del focolare, afferrò un tizzone e con quello riaccese lo stoppino della bottiglia di petrolio: il viso di Shiiram non appariva più bellissimo, ma sfigurato… come un incrocio fra un tapiro e un porco della Selva!
Colui-che-vede-tanto inorridito fece per saltare indietro, ma le gambe di lei, agganciate alle sue, lo trattennero.
“Tu… tu sei Tuwa4!” gridò il giovane.
“Sono Tuwa. È tutta la vita che ti aspetto”.
“Ma… ma che ne è di Shiiram?”
Il grugno di Tuwa si allargò in un orrido sorriso: “Io e lei siamo una cosa sola”. Ciò detto, con le sue zanne ricurve addentò il giovane al collo e iniziò a divorarlo.

Il giorno dopo i parenti trovarono i miseri resti di Colui-che-vede-tanto e di Shiiram, sbranati da qualche belva che doveva essersi introdotta nella casa.
Le loro ossa furono sepolte ai piedi di un grosso wampu, sul confine dei loro campi di granturco e i parenti vi portavano offerte per la protezione delle case e degli uomini in guerra. Il sangue dei giovani che irrorò la terra infatti fu gradito a Nunkui5 e agli Spiriti Sotterranei, protesse le loro famiglie dagli sterminii e assicurò buoni raccolti.
Nelle generazioni che seguirono Colui-che-vede-tanto fu venerato come un grande saggio e un uomo di pace e Shiiram come protettrice del talamo nuziale. Entrambi proteggevano i contadini contro le guerre e le ingiustizie e garantivano prosperità alle famiglie.
Fino ad alcuni secoli or sono si portavano ancora offerte all’Albero Sacro presso il quale erano stati sepolti, ma più di recente l’Albero fu abbattuto e del luogo dove sorgeva si sono perdute le tracce. Anche il culto dei due sposi è stato dimenticato.

Come i vecchi hanno raccontato a me, così io racconto a voi.
¡Nukete!
(Esto solo es)

© 2015 Francesco Tsunki de Giorgio. Tutti i diritti riservati.
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1Piccolo podere agricolo.
2Pécari dal collare, suino selvatico comune in Amazzonia.
3Bevanda fermentata leggermente alcolica, simile a una birra un po’ acidula. È ricavata tradizionalmente dalla yuca (manioca), ma i contadini la traggono soprattutto del plátano (tipo di banana che si consuma cotta) e dal mais.

4“L’Arútam cattivo”: potentissimo Spirito malvagio, il quale è attratto dall’incesto – o viceversa induce a compierlo – e in generale dalle violazioni di tabù.
5Dea della terra coltivata, è anche protettrice delle donne gravide.

25 commenti

  • Questo mito è davvero inquietante ! La nuca saggia porta alla rovina, incitando il ragazzo a frenare il fiume che scorre. Lo allontana dalle sfide della vita, con la scusa del vedere.
    Viene mostrato come visioni mal comprese, possano allontanare dalla vita stessa e come la mancanza di Potere, lasci spazio all’intrusione di spiriti ostili…infatti, mai vede il suo Spirito aiutante.

    Ma il mito è molto ricco.

    Quando Colui-che-vede-tanto, prende l’Aquila del fratello, subito vuole cambiare vita, ma non seguendo il Potere dell’alleato nelle sfide che comporta, ma per usarlo per stare comodo e non fare ne il guerriero , ne il contadino. Mai agisce per la sua gente.
    Tutto è una cosa sola, ma vuole la comodità, l’Aquila del fratello, tornare indietro dal Ponte e prendere una bella donna…

    Mi è piaciuto molto come l’Aquila aiuti Shaghar nelle sue battaglie.

    Tuna

  • “Io e te siamo una cosa sola”. La prima cosa che ho pensato è ciò che è predicato dalla New Age…

  • Infatti stavo cercando di capire .., agli occhi di uno Shuar , buddisti , yoghi , ecc sono presi da Tuwa ?

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      Non generalizziamo…
      Il mito è più sottile e più profondo di così.
      Ma è vero che il commento di gattanera (la mente, la mente…) mi fa ricordare che tutti i buddisti che ho conosciuto sono estremamente mentali.

      Suggerirei però di osservare meglio i caratteri specifici di Colui-che-vede-tanto piuttosto che vederlo come un “tipo” generico (il buddista, lo yogi…). Ci sono molti fili sottili e oscuri che si intrecciano nella storia e che magari non appaiono a prima vista…

      • Dunque. .. colui che vede tanto, non era un buon guerriero; era debole, non era bravo a cacciare, anziché parlare col fratello spiegando il motivo delle sue azioni,preferiva tacere pensando di non poter essere capito (ego); il fratello pensava a proteggerlo mentre lui pensava al fatto che un giorno gli avrebbe insegnato a vedere (ancora ego)…
        Uhmmm dunque cosa o chi potrebbe rappresentare oggi Colui che vede tanto?… una nazione???….

    • Nel Buddhismo non c’è questo principio di “uguaglianza” a cui si fa riferimento nel mito. Le varie Tradizioni Buddhiste affermano l’interdipendenza dei fenomeni, non la loro identità. Altrettanto, non mi pare proprio che nell’Induismo (vedi Yogi, non quello di Bubu…) – religione in cui le differenziazioni sono così sentite da assumere un rigido ruolo sociale – si considerino appunto i fenomeni come “tutti uguali”. È vero che i Buddhisti occidentali sono tendenzialmente mentali, tuttavia tutte le Tradizioni Buddhiste affermano la necessità di superare la mente convenzionale, ritenuta non attendibile. Purtroppo la visione New Age è piuttosto diffusa e non solo per quanto riguarda la Cultura dei Nativi Americani.
      Il mito è molto interessante. Grazie.

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        È vero che i Buddhisti occidentali sono tendenzialmente mentali, tuttavia tutte le Tradizioni Buddhiste affermano la necessità di superare la mente convenzionale, ritenuta non attendibile

        Sicuramente vero, ma nondimeno… Buddisti non sono “tendenzialmente” mentali, sono estremamente mentali: non riesco a discutere piu di 15 minuti con un Buddista senza che mi venga mal di testa! 😀
        Questo tipo di contraddizione è una bizzarria delle religioni: il Cristianesimo ad es. insegna che non si deve giudicare (“non guardare la pagliuzza etc.”) eppure i Cristiani, di tutte le confessioni, sono di gran lunga le persone piu “giudicanti” che esistano! Mentre persone di religioni o convinzioni che non condannano il giudizio o non ne dicono nulla, giudicano molto meno o solo assolutamente tolleranti! LOL!
        Grazie per l’intervento, buon anno!

        • Concordo. Credo che questo sia un “tragico” paradosso tipico di noi umani.
          Ricambio gli auguri di un anno prospero e sereno!

  • Grazie. Ho sentito spesso il torpore dietro la nuca, e l’illusione di stare meglio stando a guardare il fiume, senza entrarvi dentro. Fortuna che trovo spesso smentite certe illusioni, e questa volta è una di quelle. Fino alla fine ho creduto che per un qualche motivo Colui-che-vede-tanto avrebbe costruito qualcosa di diverso e di buono, per il quale era destinato, senza che ne comprendesse la ragione. Invece era solamente uno schiavo.

  • …la mente, mente…
    tutto ciò che non “guardi in faccia” è un inganno…
    Caro Tsunki..grazie per avermi rovinato la digestione con questo bellissimo mito.

  • Nel racconto l’aiutante che sta dietro la nuca si rivela essere Shiiram, che poi è Tuva. E sempre a sempre a causa di una donna (la madre) persuade Colui-che-vede-tanto a non fare il cambiamento che è importante che faccia.

    Tsunki ci ha insegnato che la mente è femmina. È una trappola, femminile.

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      Suona un po’ misogino! LOL! :))

      • …e non solo, Colui-che-vede-tanto nacque così, dopo che la madre maledisse tutte le guerre… 😉

        • Stavo facendo dei collegamenti (forse sbagliati, ma ci provo). La fortuna è donna, una donna giovane. Sappiamo che gli uomini prendono fortuna dalle donne. Tuttavia la sfortuna, la mala suerte, è pure donna. Nel mito Tuwa (l’Arutam che porta sfortuna) si cela dietro Shiiram, una donna.

          Nel mito ci sono donne che in qualche maniera segnano/influenzano il destino di Colui-che-vede-tanto: la madre che maledice le guerre (come nota Tuna), Shiiram/Tuwa e la madre di lei.

          Però Tuwa, come insegna Tsunki, “è attratto dall’incesto – o viceversa induce a compierlo – e in generale dalle violazioni di tabù”. Qual’è il tabù che viene violato qui? Forse la maledizione della madre di “Colui-che-vede-tanto”?
          Noto che c’è una contrapposizione tra natura guerriera degli Shuar, e quella contadina dei coloni – da cui ha origine la madre di Colui-che-vede-tanto.

          Molto interessante è pure come il mito termina: cioè che il loro sangue diventò nutrimento per la terra, protesse le loro famiglie dagli stermini e assicurò buoni raccolti.

          C’è una trasformazione del potere. Sembra quasi che il loro sangue serva da compensazione.

          • A parte il tono misogino delo scritto di Mayu (ooop Tuntiak).. concordo con quanto detto. . La mamma del ragazzo aveva lanciato una maledizione, che credo le si sia ritorta contro…forse attirandosi l’ira dello spirito della guerra.. e il sacrificio degli uomini della sua famiglia forse ha compensato .. (Lei impietosiva il guerriero venuto a prenderlo,dicendo che colui che vede tanto era l’unico maschio do casa)..
            Inoltre anche io mi domando perché tuwa si nasconde dietro le sembianze della bella , shiram appunto. .
            Forse ancora per sottolineare che L’apparenza inganna?..
            Inoltre, mi incuriosisce ancora che il nemico abbia lasciato vivere colui che vede tanto..il quale è stato poi ammazzato due metri in là lo stesso… ha un senso?

  • Se non sbaglio, Tsunki, quando posti un mito di solito è in linea con qualcosa che sta accadendo ora nel mondo… Non è che questo sia in qualche modo un commento a quello che è successo in Francia con Charlie Hebdo?
    Comunque mi continuano a girare per la testa le parole “siamo una cosa sola” e colui-che-vede-tanto… Ma temo mi sfugga ancora la vera chiave.

    • Io e te siamo una cosa sola..mi ricorda la spazzatura new age che ha così travisato il concetto nativo di MITAKUYE OYAS”IN

      • Già, ma dubito che gli shuar abbiano pensato alle new age quando hanno elaborato il mito… 😉

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          I miti non vengono “elaborati”, tanto meno sono scritti per dimostrare una tesi.
          Sono visioni, che si materializzano spesso in storie vere, le quali provocano altre visioni, e poi via via che vengono raccontati da sciamani e non-sciamani, in lungo e in largo e attraverso il tempo, visioni si sovrappongono a visioni..

  • ..ogni mito e ogni leggenda contiene dunque una verità. .cambiano i popoli, i tempi, i costumi…e quella verità resta, si presenta solo in altre forme..quelle adatte a “quel ” momento.

  • A me sembra tanto che “Colui-che-vede-tanto”, alla fin fine, non veda poi molto. Non gli va di fare nulla, ha paura di fare qualsiasi cosa. “tu e lui siete una cosa sola”. La voce che sente non mi sembra che sia quella di un “grande” Spirito Guardiano, a me sembra più la voce di Spiriti Burloni che danno vita e forza alle cretinate della sua mente o delle sue paure. E, nella sua inerzia, modifica il corso degli eventi andando contro gli interessi della sua stirpe e del suo popolo.
    Un atteggiamento molto, molto “saggio”, che mi ricorda tanto quello di alcuni (molti) politici italiani… 🙂

  • Si capisce meglio la storia leggendo il mito successivo sulla sciamana Sutin.
    Leggendo i miti Shuar ho sempre la sensazione che convenga abbandonare la logica propria di noi occidentali e non cercare di capirli in maniera razionale.
    Mi è piaciuto molto il finale, che dalla tragedia dello sbranamento dei due nuovi sposini, che dal mito successivo si scoprirà essere divorati da Tuwa in quanto fratelli di sangue a loro insaputa, si generi con lo spargimento di sangue la benevolenza di Nunkui e quindi prosperità per tanto tempo a venire per gli altri uomini del villaggio e per questo venerazione; come un sacrificio inconsapevole, me che non per questo è meno efficace agli occhi degli spiriti pur se compiuto da Tuwa: da una distruzione di uomini nasce la forza per nutrirne altri.
    In occidente siamo più assolutisti, mentre le azioni e reazioni, qui ci si insegna, sono tutte concatenate e compensate, di qualsiasi natura siano.

    Attendo con impazienza il prossimo mito, magari la continuazione della storia di Sutin.

    • Direi che,alla luce del mito successivo, si possa affermare che tutte le vicende narrate, derivino dal comportamento di quellà frignona furba della mamma di colui che vede tanto.. e la fine della sua discendenZa abbia placato spiriti.

  • Per me Colui-che-vede-tanto in realtà era accecato da Coloro-che-lo-dipingevano-così.
    Non faceva cosa che Egli riteneva fosse giusta piuttosto faceva quella che gli veniva suggerita… sia dallo Spirito che lo “governava” o meglio “da cui si lasciava governare” da dietro la nuca, sia poi dalla madre, che dalla moglie.
    Mi sembra che sia stato messo alla prova più e più volte ed è sempre caduto nei medesimi errori.

    Riflessivo e Saggio non sono la stessa cosa.
    L’Essere riflessivo in Guerra poteva essere vantaggio.
    Quindi io non credo nemmeno che non avrebbe potuto essere un Buon Guerriero semmai, si è lasciato convincere, di non poterlo essere per il suo ruolo era il “più saggio”.
    Sin da bambini ci sono aspettative che aleggiano, vien disegnato addosso un modo di essere in considerazione di peculiarità che nessuno però mette in conto possano anche essere temporanee o servire in altro modo. Si piazza un’etichetta che tutti cercano di farti lasciare addosso anche se tu in realtà non sei così oppure nel corso del Tempo…cambi com’è inevitabile che sia.
    Alla fine, per compiacere, per non deludere ed anche per senso di colpa (ed in questa storia ne leggo parecchio, quello su cui puntano tutti) si accantona ciò che si è davvero e ci si arrende ad essere come gli altri ci vedono o ci vorrebbero.

    Il Guizzo di fare le cose a modo suo c’era.
    Mancava il Coraggio di essere il vero se stesso ed è stata quella la sua Punizione.
    Infatti lo Spirito lo ha preso quando lui pur avendo avuto nuova opportunità e pur sentendo l’esigenza di Cambiare…non l’ha fatto perchè di nuovo ha ascoltato la Moglie che puntava sul senso di colpa della Madre che se fossero andati via sarebbe morta di dolore.
    Lo Spirito aspettava quest’ultimo piede in fallo.
    La Compassione che mostrava e che poteva essere buona cosa, se posta in altro modo, si è via via ingigantita trasformandosi in annichilimento; del tutto controproducente.

    Peraltro lo Spirito dell’Aquila è…. “Colui che vede lontano”; il ragazzo ha avuto occasione di averlo come guida, se non fosse stato arrendevole all’esigenze altrui anteponendole alla propria felicità… l’avrebbe condotto dove desiderava.