Miti e Leggende

Tutto ciò che riguarda lo sciamanesimo

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Maldito
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Miti e Leggende

Messaggio da Maldito »

Hola a todo el mundo,

apro questo tema sui “Miti e leggende” perchè credo che attraverso questi racconti, che si perdono nella notte dei tempi, è possibile imparare molto e prendere spunti per il nostro lavoro sciamanico e per la vita quotidiana.
Tsunki, il nostro Tsunki, ci rammenta che proprio attraverso la Tradizione (quella vera e veramente verace...) possiamo progredire sul sentiero sciamanico della Verità e della Guarigione.
Lo Sciamano lavora per l'Armonia, per l'Universo, per l'Equilibrio delle forze e per la giusta direzione del Potere. Il senso, la direzione con cui un Chaman (Sciamano) o un Curandero trabaja (lavora) è quello di Etsa (il Sole), il senso orario e non certo per il Kaos e l'antiUniverso.

La prima storia che riporto (un po' lunghina da leggere) è di Tiddalik La Rana, proveniente dal popolo Aborigeno dell'Oceanica, ribattezzata dai blancos (bianchi) anglosassoni “Australia”. Una non-nazione conquistata con la tipica arroganza, strafottenza e violenza dei wasichu (uomini bianchi) che arrogandosi il diritto di bandiera hanno sporcato e stravolto il volto fiero e potente dei popoli nativi, colpevoli solo di avere ciò che l'uomo bianco bramava: la Terra e le risorse di altri uomini che niente avevano (e hanno...) a che vedere e spartire con coloro che fin da tempi remotissimi popolavano e onoravano quei luoghi.

Le Nazioni red-skin (Pellerossa), i popoli dei ghiacci (o meglio Inuit però ribattezzati con disprezzo Eschimesi=mangiatori di carne cruda), Indios, Incas, Maya, Siberiani, Tibetani, Etruschi, Tuareg, Boscimani, Malgasci, Lapponi, Aztechi, Olmechi, Carib, Awarach, Masai, Pigmei e tanti tanti tanti altri che neppure la memoria dell'uomo moderno ricorda o ha conosciuto sono scomparsi, nascosti o in via di estinzione.
Un'agonia o una morte inesorabile sono il testamento spirituale che questi popoli ci lasciano e hanno lasciato; ma le leggende, i miti i racconti sono, in parte, rimasti e sono arrivati fino a noi.
Leggendo e ascoltando i miti delle tradizioni ataviche di questo pianeta possiamo riportare in vita il Potere scaturito dal lavoro sciamanico e di tutti i giorni di uomini e donne che aspettano solo che venga invertito il Senso di questa vita. Non più mirata al successo personale ma a qualcosa di ben più Grande. Molto più Grande. Immenso...

Buona lettura e scusate la lunghezza del post.

UNA SETE INESAURIBILE
Tiddalik the frog – Tiddalik la rana
Qusta storia è stata tradotta e liberamente interpretata da Annarita Cola.

Un giorno Tiddalik, la rana più grande del mondo, si svegliò ed esclamò: “Quanta sete che ho!”.
Uscì dal suo nascondiglio e si precipitò verso il fiume che scorreva nelle vicinanze per fare la cosa più ovvia che possa fare qualcuno che ha sete, bere.
Fin qui, nulla di speciale se uno ha sete beve, è normale. Se uno poi è grande e grosso beve di più, è naturale però…
Però la sete di Tiddalik, quel giorno, non fu normale, non fu naturale fu semplicemente… inesauribile !!!

Il fiume se lo bevve tutto, ma proprio tutto, sorsata dopo sorsata; il letto rimase all’asciutto e quei poveri pesci che fino a poco prima nuotavano tranquilli, inconsapevoli della calamità che sarebbe arrivata, cominciarono a boccheggiare per mancanza di ossigeno e si rifugiarono nella fanghiglia muovendo affannosamente e spasmodicamente le branchie alla ricerca disperata di qualche goccia d’acqua… ma molti di loro non ce la fecero e morirono.
Comunque - penserete voi - Tiddalik si era dissetata più che abbondantemente e invece no. Incredibile a dirsi, essa aveva ancora sete!
Corse, barcollando un po’ vista l’acqua che aveva in corpo, verso una cascata che scrosciava direttamente dalla roccia viva; spalancò la sua smisurata bocca e non la richiuse finché il rumore dello scroscio non si udì più… quella cascata cessò di esistere, l’aveva prosciugata completamente!
L’enorme rana, ora ancora più enorme, non si fermò lì e proseguì alla volta di un billabong. Facile prevedere il destino di quel laghetto… risucchiato anch’esso come quel fiume e quella cascata!
Stesso destino per un altro fiume e poi un altro ancora! E così fu per un altro billabong no… due billabong, tre billabong… quattro billabong… oh cielo, quanti billabong! E poi un lago grande, grande come il mare! Oh cielo, quanta sete !!!
Ben presto tutta l’acqua dolce del mondo andò a finire in quella enorme gola assetata che sembrava non avere fondo.

Infine, ormai così piena di acqua da non poter minimamente fare un movimento, Tiddalik si appoggiò piano piano tra i fianchi di due montagne grandi come lei e si addormentò finalmente dissetata.
Cominciò a russare ma il rumore che usciva da lei non era quello di un normale russare, era piuttosto un oscuro gorgoglio cupo e sommesso, quasi sinistro, come un ribollìo proveniente da un enorme cratere.
Tutti gli animali, comprese altre rane, cominciarono ben presto a sperimentare sulla propria pelle gli effetti della sete di quella insaziabile creatura la cui grandissima ombra, ormai, ricopriva la terra per chilometri come se fosse tornata improvvisamente la notte.
Essi avevano tanta sete ma non avevano più di che dissetarsi perché tutta l’acqua dolce era andata a finire dentro quel gigante la cui pelle era così tesa e traslucida che si potevano vedere persino le onde e le increspature che l’acqua disegnava ad ogni suo respiro. Si potevano scorgere addirittura i pesci e gli anfibi che, risucchiati dal vortice provocato da quella enorme bocca spalancata, erano rimasti intrappolati incapaci di sfuggire alla smisurata pressione della sua forza aspirante.
Il sole era ormai alto nel cielo e le poche pozzanghere che erano rimaste dopo il passaggio di quella rana assetata presto evaporarono lasciando una specie di limo denso ed appiccicoso. Non una nuvola si vedeva in quel cielo di un azzurro quasi accecante, nemmeno uno straccio di nuvola… la pioggia non sarebbe scesa per lungo tempo. La siccità era in agguato e, con essa, sofferenza e morte per tante creature ridotte allo stremo.
Non si poteva andare avanti così ancora per molto; bisognava trovare una soluzione a quel problema e subito.

Il vecchio e saggio wombat chiamò a raccolta tutti gli animali del bush per un consiglio straordinario.
"Amici" esordì "Quell’ingorda rana ci ha tolto tutta l’acqua, moriremo di sete se non si troverà una soluzione al più presto".
"Cosa fare?" chiese l’ornitorinco "Io nell’acqua ci vivo, non posso rinunciare alle mie nuotate quotidiane".
"Dovremmo ucciderla e tagliarla in due per fare uscire tutta l’acqua?" chiese il bandicot.
"Io potrei bucarla con i miei aculei!" propose l’echidna.
"No" rispose il saggio wombat "Niente violenza, ci vuole l’astuzia…"
Detto questo si mise a pensare camminando su e giù e, dopo tanto pensare…
"Ho trovato!" gridò "Facciamola ridere!"
"Ridere?" chiese stupito il wallaby.
"Sì, ridere, ridere a crepapelle!" rispose il wombat
"Ridere a crepapelle?" chiese il kookaburra "E’ la mia specialità ridere e far ridere gli altri!"
"Sì amici" proseguì il vecchio wombat "Se noi la facciamo ridere essa, piena com’è, ributterà fuori tutta l’acqua che ha in corpo. E’ l’unico sistema per riprenderci quello che lei ci ha rubato".
L’idea sembrò essere l’unica soluzione possibile ed ognuno degli animali presenti si ingegnò, come meglio poté, per riuscire nell’intento non facile di provocare nell’enorme anfibio addormentato una risata così fragorosa e prorompente da far fuoriuscire l’acqua.
Ma prima avrebbero dovuto svegliare Tiddalik da quel sonno. Lo fecero solleticando i suoi grandi piedi e poi, chissà, quel solletico avrebbe potuto anche farla ridere risolvendo perciò il problema ancora prima.
Tiddalik non rise di quel solletico ma si destò e questo fu già abbastanza; intanto, anche se intontita e incapace di muoversi dal grande peso che portava dentro, avrebbe potuto assistere allo spettacolo che tutti gli animali avevano preparato per lei.
Accadde di tutto, ma proprio di tutto in quell’angolo remoto di mondo. Gli animali sembravano impazziti; ognuno cercava di fare qualcosa che fosse assolutamente il più divertente possibile.
Il canguro prese a saltare sopra l’emu senza fermarsi. Saltava di qua e di là scavalcando il pennuto con grande agilità ma la rana sembrò non degnare della minima attenzione gli sforzi di quel canguro saltellante. Anzi, i suoi occhi stavano già richiudendosi dal sonno.
Il kookaburra, allora, volò vicino alle orecchie di Tiddalik per farle meglio sentire tutte le storielle divertenti che lui aveva da raccontarle ma rideva solo lui di quelle storielle… tutto quello che fece la rana fu guardarlo con sufficienza con occhi inespressivi ed annoiati.
L’ornitorinco si mise a girare su se stesso ma alla fine si dovette fermare perché anche la sua testa girava.
Una grande lucertola, allora, si arrampicò su una roccia per essere ben visibile agli occhi di Tiddalik e, ritta sulle zampe posteriori, cominciò a gonfiare la pancia.
Tiddalik, a quella visione, fece un risolino ed un fiotto d’acqua defluì dalla sua bocca.
"Funziona!!!" gridarono gli animali dal basso "Continuiamo così, dai. Vedrete che tra un po’ riderà".
Innumerevoli furono i tentativi per far ridere la grande rana ma nessuno riuscì in quell’intento. Il tempo passava e Tiddalik rimaneva seria, tutt’al più si limitava a fare qualche sorriso ebete ed inefficace.
Dovevano forse rassegnarsi tutti a morire di sete? Fu questo che gli animali pensarono sfiduciati e stanchi di tutti quei tentativi andati a vuoto. Stavano per arrendersi all’evidenza quando, a sorpresa, si fece avanti l’anguilla Nabunum che - rimasta rannicchiata nel suo anfratto dove l’ombra aveva salvato la piccola pozzanghera in cui si trovava - offrì la sua collaborazione.
"Cosa?!?" si chiesero tutti stupiti "Un’anguilla che pretende di far ridere la rana?"
"Ah ah ah" rise il kookaburra "La cosa fa sì ridere ma soltanto perché è talmente assurda…"
"Come pretende costei di riuscire nell’intento quando noi non ci siamo ancora riusciti, dopo tutti gli sforzi fatti?" aggiunse il canguro.
"Vai via anguilla!" gridò infine la lucertola.
"Lasciate provare anche Nabunun" disse il vecchio wombat e gli astanti non osarono replicare.
Nabunun, incurante degli sguardi ironici dei presenti, cominciò a danzare.
Dapprima i suoi movimenti furono aggraziati e lenti poi sempre più veloci. Infine essa si mise a girare come una trottola, sempre più veloce sempre più veloce… e la rana rise. Rise a più non posso, rise convulsamente, rise da morire ed una smisurata quantità d’acqua uscì prepotentemente da essa inondando il bush.
Tiddalik rideva e rideva senza fermarsi mentre l’acqua rifluiva nuovamente nei fiumi, nelle cascate, nelle fonti, nei laghi grandi e piccoli. Gli animali cercarono di ripararsi da quell’inondazione scappando da tutte le parti ma erano troppo felici di riavere quel prezioso e vitale elemento.
L’idea del saggio wombat aveva funzionato, Tiddalik aveva riso e l’acqua era tornata al suo posto. L’unico pensiero che rimase per sempre nelle menti di quelle creature, fu la tenace speranza che a Tiddalik non venisse più una sete come quella che aveva rischiato di farli morire tutti.


Hasta luego.
Animo y Fuerza
Scudo Narrante
“Un Kolibrì dorato arrivò volando a casa nostra e portò una nuova alba sul nostro altare. La luce si avvicina riflettendo la gioia che soffia il vento svegliandosi un nuovo giorno e la freschezza della montagna porta l'essenza di un Kolibrì innamorato”.
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Messaggio da Maldito »

Hola a todos,

riporto un'altra storia e stavolta tratta della scaltrezza del Coyote e della scaltrezza/stupidaggine dell'uomo bianco (Wasichu).
Il Coyote è una figura affascinante e pericolosa allo stesso tempo e che domina il caos ma a volte porta ordine ed equilibrio.
Coyote ci insegna a diffidare ma al contempo a non essere presuntuosi perchè altrimenti diventiamo vittime di noi stessi.

Consiglio un copia incolla.
Buona lettura.


Coyote e il wasichu

C'era un uomo bianco che faceva il mercante e la gente diceva che non era mai stato superato da nessuno in scaltrezza. Ma un giorno un uomo disse a questo wasichu: "C'è qualcuno che può imbrogliarti ogni volta che vuole e dove che sia".
"E' impossibile", disse il wasichu. "Ho avuto un emporio per molti anni ed ho imbrogliato tutti gli indiani dei dintorni".
"Eppure, Coyote può gabbarti in qualunque affare".
"Vediamo se è capace. Dov'è Coyote?".
"Laggiù, quel tipo dall'aspetto furbo".
"Okay, benissimo, lo metterò alla prova".
Il mercante wasichu si avvicinò a Coyote. "Ehi, vediamo se me la fai".
"Spiacente", replicò Coyote. "Vorrei aiutarti a toglierti quello sfizio, ma non posso farlo senza il mio amuleto per gli inganni".
"Amuleto per gli inganni? Vai a prenderlo".
"Abito a molte miglia da qui e sono a piedi. M'impresti il tuo cavallo più veloce?"
"Bene, benissimo, posso imprestartelo. Vai a casa a prendere il tuo amuleto per gli inganni!".
"Bene, amico, io sono un mediocre cavaliere. Il tuo cavallo ha paura di me, e io ho paura di lui. Imprestami i tuoi vestiti; allora il tuo cavallo penserà che io sia te".
"Bene, benissimo. Eccoti i miei vestiti; ora puoi cavalcarlo. Vai a prendere quell'amuleto. Sono certo di poterlo gabbare!".
Così Coyote se ne andò con il veloce cavallo ed i bei vestiti del wasichu, mentre il wasichu rimase là in piedi a sedere nudo.
“Un Kolibrì dorato arrivò volando a casa nostra e portò una nuova alba sul nostro altare. La luce si avvicina riflettendo la gioia che soffia il vento svegliandosi un nuovo giorno e la freschezza della montagna porta l'essenza di un Kolibrì innamorato”.
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Re: Miti e Leggende

Messaggio da Maldito »

Questa è una leggenda etiope sulla Creazione.

Le razze umane

Quando il Creatore fece il mondo, era la prima volta anche per Lui, perciò non tutto venne fuori bello e perfetto. Che cosa voglio dire?
Voglio dire che nella creazione dell'uomo ci furono dei problemi. Ma andiamo per ordine.
Dunque, dopo che il Creatore fece il cielo e la terra, creò pure il sole per illuminare la terra e per regolare il giorno. Ma di notte non si vedeva niente, così venne fatta la luna, per regolare la notte. Poi Dio pose la luce grande e quella piccola nel firmamento del cielo per separare la luce dalle tenebre.
In questo modo si vedeva molto meglio e la gente che usciva di notte dalle capanne non avrebbe preso delle dolorose capocciate contro le rocce e gli alberi. Allora Dio vide che cosa aveva fatto ed ecco, era una cosa molto buona. E venne la sera e poi la mattina del quinto giorno.
Ma poi Dio si accorse che non aveva ancora creato l'uomo e si diede da fare, perché era arrivato il sesto giorno e il settimo doveva riposarsi.
Allora Dio fece un forno e ci mise dentro il calore del sole. E il forno scottava a toccarlo perché era molto caldo. Poi il Signore prese della terra dal suolo, la impastò e ci sputò sopra: in questo modo mise un poco di Sé nell'uomo, perché voleva che venisse fuori a sua immagine e somiglianza.
Quindi lo mise a cuocere nel forno, ma lo lasciò troppo tempo perché si era messo a guardare tutto quello che aveva creato e l'uomo venne fuori bruciato: infatti era tutto nero.
Allora il Signore disse:
"Non mi è venuto fuori bene: è troppo cotto!".
Allora Dio prese altra terra, dato che ce n'era in abbondanza. La impastò, ci sputò sopra e la rimise nel forno:
"Stavolta lo lascerò molto di meno, in modo che cuocia a puntino".
Ma, come ho detto, era la prima volta che cuoceva l'uomo e mancava l'esperienza, che in certe cose è tutto. Quanto tempo c'è voluto alle nostre donne per imparare a cuocere a puntino la focaccia di miglio?
Infatti, quando tirò fuori l'uomo, questo era ancora mezzo crudo e tutto bianco. Allora il Signore disse:
"Anche questo non mi è venuto fuori bene: è poco cotto e tutto pallido!".
La terza volta, il Creatore ci mise tutto l'impegno divino.
E quando lo tirò fuori del forno, osservò soddisfatto il risultato ed esclamò: "Questo mi è venuto proprio bene. E' cotto al punto giusto ed ha proprio un bel colore rossiccio. Questo è l'uomo perfetto!".
Infatti il Signore, dopo i due infelici tentativi dell'uomo nero e dell'uomo bianco, aveva creato l'Etiope, l'uomo rosso. Quando Dio vide l'uomo rosso, si disse che davvero era cosa molto buona! Poi tutto contento se n'andò a riposare.
Così nacquero le diverse razze umane.


Mito degli Amhara dell'Abissinia (Etiopia)
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Re: Miti e Leggende

Messaggio da Maldito »

Sinceramente, detto fra noi, mi mancava molto il Blog di Tsunki con i miti e le leggende....
“Un Kolibrì dorato arrivò volando a casa nostra e portò una nuova alba sul nostro altare. La luce si avvicina riflettendo la gioia che soffia il vento svegliandosi un nuovo giorno e la freschezza della montagna porta l'essenza di un Kolibrì innamorato”.
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Re: Miti e Leggende

Messaggio da Maldito »

"La fine del mondo "

In un posto tra le praterie e le Badlands (regione degli Stati Uniti chiamata in questo modo dai primi colonizzatori poichè erano terre aspre e non feconde, non si poteva coltivare nulla a causa del terreno roccioso, è un luogo sacro per i Lakota poichè popolato dagli spiriti) c'era, e c'è ancora oggi, una caverna nascosta che nessuno è mai riuscita a trovare. Questa caverna è abitata da una donna molto anziana, il nome è a noi umani sconsciuto, ma essa è molto vecchia, è vestita di pelli grezze, come vestiva la gente prima che arrivasse l'uomo bianco. Lì da migliaia di anni lavora alla sua coperta e per ricamarla usa aculei di porcospini morti, come era uso dei nostri antenati. Coricato accanto a lei c'è Shunka Sapa, un cane enorme nero, che la fissa ogni momento incessantemente, non deve mai perderla d'occhio. Davanti alla vecchia c'è un fuoco che arde da millenni sul quale c'è una grossa pentola di ceramica con del wojapi (è un brodo dolce fatto con bacche rosse). Ogni tanto però la vecchia donna deve alzarsi per rimescolarlo, ma lei è troppo anziana e quindi le ci vuole molto tempo per compiere questa azione. Così mentre lei si alza, Shunka Sapa va verso la coperta ed incomincia a strappare da essa alcuni aculei di porcospino. Ciò avviene ogni qualvolta che la vecchia si volta per rimescolare il wojapi. In questo modo il suo lavoro è destinato a durare per l'eternità ed il suo ricamo rimane sempre incompleto".

Nota: Il popolo Lakota pensa che se la vecchia riuscisse a terminare il suo ricamo, proprio mentre cuce l'ultimo aculeo, allora il mondo sarebbe finito e l'uomo sarebbe scomparso.

Leggenda molto antica, per la prima volta trascritta nel 1967 e raccontata da Jenny Nuvola Alta, sciamano della nazione Lakota del gruppo che viveva intorno al White River nel Sud Dakota.[/color]

Tratto da: http://www.associazionemicene.it/movime ... /mondo.htm

Maldito M.E.L.M.
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Re: Miti e Leggende

Messaggio da Maldito »

Questa è una parabola che si può leggere nella bibbia e che una volta ho sentito raccontare a Tsunki in un Cerchio.

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto. Venuto, infine, colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglieteli dunque il talento, e datelo a chi ha dieci talenti. Perché a chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre: là sarà pianto e stridore di denti" (Mt 25,14-30; cfr. Lc 19,12-27)


Politically incorrect? Mah...un pochettino sconveniente... un tantello eh?...poco poco soltanto... :speechlesssign:
Ma chi l'avrà mai raccontata questa storiella?
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