La sposa del Ragno

Shíiram era una ragazza molto bella.
Tra gli Shuar – come altri Indiani delle Americhe – la verginità non ha valore e i padri si preoccupano solo che le figlie non restino incinte.
Shíiram però era furba e si metteva nella vagina le foglie di una pianta che impediscono la gravidanza.
Tutti i giovani del villaggio la detestavano perché si sapeva che aveva fatto l’amore con molti stranieri, ma snobbava la sua gente. Tutti nondimeno – del villaggio e fuori – la chiedevano in moglie, ma lei aveva sempre detto di no.

Quando ebbe 30 anni si accorse di ricevere ormai proposte solo da vedovi e da vecchi. Le sue amiche d’infanzia, tutte sposate e con figli, erano convinte che ora le invidiasse e fosse pentita di non aver scelto un marito nel tempo giusto.
Shíiram però era furba e sapeva che lo sciamano aveva il Potere di mandare indietro il tempo. Andò alla sua capanna e gli disse: “Mi sono divertita come ho voluto. Ora è tempo per me di avere marito e una famiglia, ma per questo devo tornare giovane come a 16 anni”.
Lo sciamano prese uno specchio magico di bronzo che un kakaram (uomo potente) venuto da lontano gli aveva donato quando lui lo aveva guarito da una malattia mortale. Bastava tenere lo specchio per una cordicella e farlo ruotare da ovest verso est perché il tempo cominciasse a scorrere all’indietro.
C’era però un piccolo Ragno sulla cordicella quando lo sciamano fece girare lo specchio…

Shíiram tornò giovane e bellissima. I ragazzi del villaggio la chiedevano in sposa, ma lei di nuovo rifiutò tutti.
Il ragnetto che era tornato indietro con lei era un pásuk, uno degli Spiriti ausiliari dello sciamano. Vide la ragazza e decise che voleva averla.
Poiché era molto potente, si mutò in un giovane bellissimo.
Andò quindi da Shíiram e le disse: “Voglio prenderti in moglie, ma dovrai lasciare il villaggio e venire a vivere nella mia casa”.
Shíiram rispose: “Sì, ti sposerò.”
Quando furono sposati, Pásuk la portò nella selva primaria, in un luogo mai calpestato dall’uomo. Qui tra piante millenarie e tronchi in putrefazione sorgeva la casa di lui. Era una capanna modesta di canne, fatta di una sola stanza.
Shíiram si sentiva a disagio in quel luogo squallido e solitario, lontano centinaia di miglia dal popolo degli uomini. Un giorno allora espresse i suoi sentimenti al marito.
Pásuk le disse: “Chiudi gli occhi.”
Poi disse: “Riapri gli occhi.”
Lei li chiuse, li riaprì ed ecco tutt’intorno alla loro casa il terreno era disboscato e spianato.
Pásuk disse di nuovo: “Chiudi gli occhi.”
Poi disse: “Riapri gli occhi.”
Lei li chiuse, li riaprì ed ecco nella spianata erano sorte numerose case di uomini, belle e ben curate.
Per la terza volta Pásuk disse: “Chiudi gli occhi.”
Poi disse: “Riapri gli occhi.”
Lei li chiuse, li riaprì ed ecco la sua casa era la più bella di tutte!

I due sposi furono felici, ma dopo due anni Shíiram ebbe nostalgia di sua madre.
Chiese allora al marito di poter andare a trovarla.
Pásuk le disse: “Vai pure, ma quando ritorni non riportare con te la tua stuoia, lasciala nella casa di tua madre.”
Shíiram glielo promise e partì.

Trascorsi due mesi dalla madre, sentì la mancanza del marito e decise di tornare a casa.
Fece i bagagli e stava per arrotolare la stuoia su cui era solita dormire, quando si ricordò l’ordine del marito che le aveva detto di non riportarla indietro.
Disse però tra sé: “Perché mai dovrei abbandonare questa stuoia, su cui dormo tanto bene da tanti anni? Mio marito non sa quello che dice! La riporterò con me.”

Tornata a casa, il maritò l’abbracciò e baciò. Poi si accorse che aveva con sé la stuoia: “Moglie mia – esclamò – cosa hai fatto! Ora non potrai più essere mia sposa.”
Le disse allora: “Chiudi gli occhi.”
Poi disse: “Riapri gli occhi.”
Lei li chiuse, li riaprì ed ecco la casa era di nuovo spoglia e povera come il primo giorno.
Il marito le disse di nuovo: “Chiudi gli occhi.”
Poi disse: “Riapri gli occhi.”
Lei li chiuse, li riaprì ed ecco lo spiazzo intorno alla loro casa e le altre abitazioni erano scomparse, tutto era di nuovo invaso dalla Selva.
Pásuk le disse per la terza volta: “Chiudi gli occhi.”
“Riapri gli occhi.”
Lei li chiuse, li riaprì ed ecco anche il marito era scomparso insieme alla casa. Shiiram si ritrovò sola nel folto della Selva.
Vagò per giorni in cerca di un sentiero, consumandosi le unghie delle mani e ferendosi i piedi e le gambe.
Panki, una grande Anaconda, la vide e trovò che fosse molto bella.
Si mutò allora in uomo e le disse:
“Vuoi essere mia moglie?”
Panki non era bello come i giovani cui era abituata, tanto meno come Pásuk, tuttavia Shiiram non ci pensò nemmeno e piena di riconoscenza disse di sì.
L’uomo aggiunse: “Io ti sposo, ma tu devi prepararmi sempre da mangiare. Lo prometti?”
Shiiram promise, poi seguì il nuovo marito nella sua casa.

La casa era triste e spoglia, ma soprattutto la cucina aveva solo un fuoco spento nel centro, mancavano però le pentole, gli arnesi e la manioca.
Panki allora le disse: “Preparami da mangiare.”
“Non posso prepararti da mangiare – ribatté la donna affranta – non ci sono pentole né cibo.”
Panki a quelle parole si infuriò, riprese l’aspetto di Anaconda, spalancò le fauci e inghiottì la povera Shíiram.
Il pasto era così immenso che Panki non riuscì neppure a raggiungere l’amaca e crollò a digerire sulla soglia di casa.
Trascorsi diversi giorni, mentre Panki ancora dormiva, arrivarono le formiche rosse, ma il sonno di lui era tanto profondo che non si svegliò e le formiche lo divorarono completamente.

Come gli anziani hanno raccontato a me, così io racconto a voi.
Nukete! (“Esto solo es”).