LA SPOSA DI TSUNKI

Molto tempo fa, in un villaggio sulle rive di un lago viveva una ragazza di nome Sua.
Tanti uomini la chiedevano in sposa, ma lei respingeva tutti perché aveva fatto un sogno: una notte le era apparso un giovane bellissimo e da allora non faceva che sospirare e pensare a lui.
Finché una sera passeggiava sulla sponda del lago, quando un uomo dalla pelle chiara emerse dalle acque.
Quell’uomo era Tsunki.
Sua fu spaventata per un attimo e si nascose tra le canne di guadúa, ma subito dopo riconobbe in lui il giovane del suo sogno.
Tsunki la invitò a scendere in fondo al lago e lei lo seguì.

Arrivato nella sua casa, Tsunki fece sedere Sua su un grande Caimano, mentre lui si accomodò su un’Anaconda attorcigliata.
La ragazza però si spaventava ogni volta che il Caimano spalancava la bocca, Tsunki le diede allora un bastoncino dicendo: “Quando il Caimano mostra i denti, batti col bastoncino sul suo naso e richiuderà le fauci.”
Tsunki però poco dopo si accorse che il Caimano iniziava a innervosirsi per i colpetti di Sua e decise di farla sedere su una tartaruga charap, una grossa tartaruga acquatica.
Su charap, la ragazza si sentì molto più tranquilla.

Da sopra charap poteva vedere tutto intorno a sé a proprio piacimento. Vide le kintia-panki, le anaconde blu come la notte, arrotolate in spirali, che irradiavano tenebra tutt’intorno proprio come gli astri irradiano luce. Vide i suach’-yawá, i giaguari neri, che le si avvicinavano annusandola e mostrando le zanne, ma quando Tsunki diceva loro di calmarsi e di non mangiarla, i giaguari gli ubbidivano.
Molte altre cose meravigliose vide la ragazza.

Sua visse nella casa di Tsunki per molto tempo .
Intanto la madre la cercava per ogni dove, piangendo. Si disperava credendo che sua figlia fosse stata divorata da un’anaconda.
Alcune donne e uomini del villaggio infatti avevano detto: “Abbiamo visto da lontano Sua sulla riva del lago, un’enorme anaconda l’ha inghiottita – siamo subito accorsi, ma il serpente si era già inabissato!”
Altri però dicevano che non era lei oppure che non era un’anaconda.
La madre si stava ormai rassegnando, quando un mattino Sua ritornò. Disse alla madre: “Tsunki mi ha portato via. Solo ora mi ha permesso di far visita alla mia famiglia”.
Raccontò poi come sotto le acque, in profondità, ci fossero case fatte di pietra abitate dal popolo degli Tsunki e come la gente di lì viaggiasse per aria su canoe veloci come aeroplani.
Questi racconti si diffusero nel villaggio, nessuno però vi prestava fede.
Allora Sua invitò i suoi parenti a seguirla sulla riva del lago dove disse: “Adesso andrò a bere chicha di granturco”.
Cominciò a scendere nel lago, senza bagnarsi.
 Quando la cima della sua testa stava per sparire, chiese a voce alta che le aprissero la porta. Tutti allora sentirono il cigolio della porta e i versi dei giaguari, che ruggirono proprio come, qui da noi, i cani latrano quando qualcuno sta per entrare in casa.
Si persuasero allora che Sua aveva detto la verità.
Molto tempo dopo, Sua riemerse dal lago, ubriaca di chicha di granturco, ma del tutto asciutta.
Era così ubriaca che subito vomitò in terra. Dal suo vomito in seguito germogliò del granturco – accadde così che gli Shuar conobbero il granturco, prima infatti questa pianta non esisteva, fu Sua a portarla dal profondo delle acque.

Era una potente uwishín e faceva molte curanderías per aiutare il suo popolo.
Radunò intorno a sé altre donne cui insegnare i segreti degli tséntsak, le frecce magiche di Tsunki. Gli uomini del villaggio però mormoravano: “Ecco, Sua riempie la testa delle nostre donne di strane idee e le svia dai loro doveri. Chissà poi cosa insegna loro a fare!”
Sua allora decise di scegliere anche alcuni uomini tra i propri allievi.
La gente però, uomini e donne, mormorava lo stesso. Dicevano tra loro: “Ecco, Sua non ha marito tra la nostra gente, eppure la sua tavola è sempre ricca di cibo! Da dove lo prende? Certamente con le sue magie ci deruba!”
Non capivano che Tsunki le donava molti pesci e che Anaconde e Giaguari andavano a caccia per lei e le facevano trovare selvaggina sulla porta di casa.
Uno dei suoi allievi lo disse alla gente del villaggio, quelli però ribattevano: “Ecco! Se non ci fosse Sua, quella selvaggina sarebbe a disposizione per noi!”.
Sua però continuava a fare curanderías e a proteggere coi suoi pásuk il villaggio dai nemici.

Anche gli allievi tra loro mormoravano. Si chiedevano: “A chi Sua passerà i suoi Poteri?”
Perché erano ansiosi di essere importanti e speravano di arricchirsi.
Altri poi dicevano: “Siamo suoi allievi da tanto tempo, lei però è diventata uwishín in pochi mesi. Anch’io se andassi in fondo al lago diventerei potente, senza tanta fatica, perché non ci porta laggiù?”
E alcuni di loro scesero nel lago, ma non tornarono più. Dopo qualche mese le acque restituirono i corpi annegati.
La gente del villaggio allora disse: “Ecco, Sua è una wawékratin, una strega, ha assassinato i nostri giovani! Dobbiamo ucciderla!”
A questo punto Sua disse: “Se è così che pensate, basta! Lascerò il villaggio per sempre, torno dal mio sposo Tsunki!”
Dopo queste parole, scese nelle acque del lago e nessuno la vide mai più.

Negli anni a venire, altri uwishín ed allievi, ricevuti da Tsunki nella sua casa, videro Sua che silenziosamente stava accanto al marito. E dicevano tra loro: “Ecco una donna sciocca che sa solo servire il suo sposo!”
Dicevano così perché non sapevano chi fosse né dove fosse stata o cosa facesse ora. Ma come chi nel suo cuore parla senza sapere, nessuno di essi ottenne mai alcun Potere da Tsunki e Sua.
Del villaggio di Sua invece non è rimasto oggi alcun discendente: nel tempo morirono tutti, uccisi dalle malattie e dalle tribù nemiche. La loro memoria però non si è perduta: essi sono ancora ricordati fino ai giorni nostri per aver diffuso il granturco tra gli Shuar.

Come gli anziani hanno raccontato a me, così io racconto a voi.
¡Nukete!
(Esto solo es).